lunes, 28 de marzo de 2011

...Fregola sarda sulle Ande...(Parte 1)

IL VIAGGIATORE QUALSIASI  IL 4 LUGLIO 2010 SCRISSE :

 Fregola sarda sulle Ande...(questa non ve l’aspettavate!)
Ebbene si’, sulle alte Ande sudamericane i nostri amici indigeni hanno avuto il piacere di gustare il nostro sardissimo piatto di fregola!!!              Vi direte, come è iniziato il tutto, come, in pieno Equatore si sia riusciti a cucinare e sfidare i piatti tradizionali del luogo?       Adesso lo spiego e ammetto subito che l’idea di corrompere con la fregola sarda è nata l’ultima volta che ero a Cagliari, mi sono chiesto, e se questa volta faccio saltare in aria il “sistema” indigeno importando un piatto forte che stende qualsiasi turista nella “bella Isola”, e che, non ci riesco in Ecuador?                  L’indigena (con assoluto rispetto) Rosi, grande esperta di cucina equatoriana che delizia con i suoi prelibati manicaretti noi ospiti di “Casa Rita”a Quito, ha da vari giorni organizzato insieme al suo compagno, Alberto, una gita in occasione della Festa del Sole ( Inti Ramymi, nel tempo tramutata da festa pagana a festa cristiana) nel piccolo villaggio di San Clemente vicino di casa del villaggio di La Esperanza  (dove ha casa la Rosi) il tutto a pochi chilometri da Ibarra,  deliziosa città, capoluogo della provincia omonima, distesa in un’altrettanto verdissima valle,  distante 115 Km da Quito (in macchina 2,5 ore), un fine settimana “scalzato” (domenica e lunedi!...).                        La festa  di “Inti Ramymi”,  ovvero  festa di San Giovanni/San Pietro , si svolge ogni anno e nella stessa data, cada dove cada (e giusto questo anno è caduta di domenica, lunedi e martedi) ed è il momento in cui il contadino festeggia il buon raccolto, celebrazioni ancestrali che vedono per 2 mesi (Giugno e Luglio) omaggiare il Sole (e qui cè nè molto...) e per ringraziarlo per il raccolto e che dia ricchezza nel futuro, in tutte le “aldee” (villaggi) che vivono intorno al vulcano Imbabura (4.630 mt.) maestoso monte che in questo momento dorme tranquillo regalando agli umani abitanti nella sua area, ricchi pasti per le bestie e ricchi raccolti.                                E’ un paesaggio naif  quello che si presenta  agli occhi del visitante e questa volta io e Karin (ospite, americana del Colorado, anche lei di casa Rita) siamo stati deliziati della bellezza del luogo e dell’ospitalità dei nativi.                   L’Equador ha, come tutta la vertente Andina, una lingua, il quechua (Kichua)  antica come antichi sono ancora oggi i riti legati alla terra, e tale linguaggio è attualmente “orale”, poco o niente si fà per diffonderlo in maniera scritta (solamente hai al giorno in un canale televisivo mezz’ora di notizie in Kichua, dalle 5,30 alle 6 dopodichè si suppone che l’indigeno esca da casa a vada a lavorare , mah...), nell’area del vulcano Ibabura si parla correntemente e disinvoltamente tra vecchi e (sempre meno) giovani.                              Però, un momento, mi stò anticipando troppo, ritorniamo a Rosi e Alberto, dunque, la mattina di domenica partiamo da Quito (verso le 8), saliamo su un autobus di una delle tante linee che partono continuamente cariche per  la città del nord...immediatamente ci si accorge del cartello affisso davanti a noi (dietro la cabina dell’autista) che dice”Dios me mira y guia mi camino”...tradotto vuole dire”Dio mi guarda e guida il mio cammino”...ma allora, chi è che conduce? Caspita!                    Partiamo dopo che parecchie persone come noi sono salite nel bus di corsa, ma non preoccupiamoci, è tutto interesse del bigliettaio riempire il bus prima di partire.                               Dunque partiamo, chiacchierate e fotografie di rito, Rosy è con il suo splendido nipotino Juan Ferdinando, 11 anni con un’intelligenza super, allegra e generosa con le sue sincere e schiette risate, Rosi sà che và al suo appuntamento fisso annuale, il ballo di Inti Raymi dove potrà ritrovare amici e amiche e sentirsi cosi di nuovo “a casa”!           Il bus parte spedito, cè poco traffico, è domenica e, fortunatamente, il grosso degli equatoriani dorme...ogni tanto si ferma per raccogliere nuovi viaggiatori sia nelle fermate d’obbligo che non...ogni tanto arrivano dalla strada i “servizi catering”, venditori ambulanti che offrono confezionati in piccole bustine (anche in offerta 2x3) a pochi centesimi, fave cotte (con un cucchiaino ne offre 1 ad ogni possibile acquirente) oppure confezioni casalinghe di frutta fresca (si spera!) tipo macedonia...insomma, nel viaggio di sicuro non si soffre la fame!                Verso le 10 arriviamo (dopo avere ammirato da lontano il lago naturale di Imbakucha o Laguna di San Pablo che, situato a 2.670 m. offre gite in kayak,  , sci nautico vela...) a Otavalo che è la capitale “storica” della popolazione Kichua!                                           Scendiamo dal bus e camminiamo per le strade che lentamente vanno animandosi, siamo alla ricerca di un bar dove fare colazione...la ricerca ci regala scorci di vita locale come per esempio la chiesa piena di fedeli (quasi tutti con il loro abito locale, poi lo spiego) dove, appena finita l’omelia, attacca un gruppo musicale che ricorda un pò la musica mereghe o giù di li...caspita il prete come ha capito..., il mercato ricco di prodotti come frutta e verdura che qui risultano colori chiassosi, quasi finti! (siamo a 2.400 m. e la luce...si vede...), finalmente troviamo il nostro bar, per soli 5 dollari (per tutti e quattro!) facciamo una ricca colazione a base di: uova e bacon strapazzati, caffè, panino con formaggio fresco e un buonissimo e abbondante succo di frutta (reale!)...                                Finalmente soddisfatta la pancia ci dirigiamo alla piazza che ogni giorno dell’anno offre i lavori locali quali, bellissime coperte, scialli, sciarpe, giacchette ecc in alpaca, lavori artigianali di tutti i tipi ecc, insomma, da lasciarci parecchie decine di dollari e portarsi a casa delle belle cose, fatti gli acquisti decidiamo che è ora di prendere l’autobus per Ibarra.                         Il bus questa volta è “decorato” con tendine a“vezzose” frange (che tagliano quasi in due la visione all’esterno), immancabile l’immagine del Gesù che anche qui ti ricorda che l’autista non è responsabile...chiedilo a “LUI”...che dirige...mah..., e anche in questo tragitto immancabili i venditori ambulanti, stavolta il meglio del meglio, per solo 1 dollaro propone due DVD sui migliori goal dei mondiali oppure improbabili corsi scolastici...qualcuno “abbocca”...la tipologia dei passeggeri è ancora più..locale...anche belle e provocanti ragazze che non sfuggono agli occhi del giovane bigliettaio che approfitta per fare amicizia...solamente 40 Km dividono le due città di Otavalo e Ibarra.                              
FINE 1 PARTE...CONTINUA




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