miércoles, 14 de junio de 2023

"Un biglietto di sola andata"


All’uscita E18 dei voli intercontinentali dell’Aereoporto di Fiumicino sono tra i primi a raggiungere il “Gate”, è ancora notte fonda fuori dell’aereostazione, la partenza del volo Thai operato con un Boeing 747 Jumbo Jet proveniente da Bangkok e diretto a Madrid è confermata alle 6,15, è questo uno dei primi voli che partono in questa mattina fredda e nuvolosa.  Mi fà compagnia una pesante sacca piena di libri che, poco a poco stò trasferendo dalla  casa che ho in affitto a Roma alla piccola e bassa mansarda che ho trovato a Madrid, in pieno centro.  La Spagna… un sogno che poco a poco diventa realtà per me, una scelta di vita che non potevo più rimandare, il desiderio di conoscere un’altra cultura, la sua storia, la sua lingua, la sua gente. Non mi sentivo un’emigrante, era una scelta di vita fatta accettando anche le paure di entrare in un mondo sconosciuto ma che si è rivelato poi familiare.  Si questo mi aveva immediatamente comunicato la capitale spagnola dal mio primo viaggio in “perlustrazione”: a Madrid mi ero sentito a mio agio, nonostante la paura che la grande ed estesa metrópoli può incutere, la distanza e insieme il rispetto. 

Una città multirazziale che, con la sua perfetta organizzazione accoglie il viandante e colui che chiede di essere accolto senza fare domande, accettandolo súbito come uno della famiglia. 

E quanti saranno gli amici che incontrerò e conoscerò nel corso dei due decenni che mi vedranno madrileno! Quanti altri sardi che come me sceglieranno questo paese per viverci, mi racconteranno le loro vite, il loro girovagare alla ricerca di un porto dove approdare… Come Piero e Josefa, lui del centro della Sardegna e lei spagnola, che si conobbero in Francia, tutti e due al tempo molto giovani, partiti dal proprio paese alla ricerca della fortuna, lavorando e facendosi rispettare in fabbrica formando quindi una famiglia e con il desiderio di tornare presto a casa.  Tra i due vinse lei, con l’accondiscendenza affettuosa di lui e insieme misero sù un bar caffetteria, nella Madrid delle “Pesetas”, quando ancora viveva il dittatore Franco, anni di sacrifici con orari impossibili da calcolare e dei tentativi di Piero di proporre ai clienti iberici sia piatti sardi che italiani che, allora, non sempre incontravano l’apprezzamento… o il tentativo di far conoscere il caffè “espresso” agli spagnoli abituati a bere un cattivo caffè che per necessità si serviva accompagnato da un poco di latte.

Ma si`un caffè penso che ci stia bene, ho bisogno di svegliarmi, hanno appena aperto il bar vicino al gate così mi premio con l’ultimo buon caffè italiano accompagnato da un profumato cornetto appena sfornato…  e quanti, con differenti proposte, i ristoranti e le pizzerie che si apriranno negli anni nella capitale spagnola, molti di questi gestiti con successo da sardi, che diventeranno miei buoni amici, e offriranno al pubblico spagnolo sempre più la qualità e il gusto dei nostri sapori.  E in tanti di questi locali sempre uno o più sardi li ritroverai servendo o proponendo e suggerendo i piatti del giorno, o sfornando ottime pizze, un mondo parallelo distribuito nei vari quartieri-città aperti dalla mattina alla sera.

Decido di ingannare l’attesa della partenza sgranchendo le gambe e facendo due passi sopra l’inevitabile moquette stesa sul pavimento di cemento per attutire i rumori che aumenta la sensazione di essere quasi soli, tra quelle sale sempre gremite di viaggiatori in attesa di partire…  e Monica, arrivata giovane anche lei in Spagna dal nord della Sardegna, con, nella valigia un titolo di studio universitario senza valore in patria, decisa a farsi valere e rispettare, sfidando le diffidenze momentanee e riuscendo poi a conquistare la tranquillità di poter fare progetti per il futuro. 

Ma sí  ho deciso che nell’attesa mi concedo la lettura del giornale appena arrivato, fresco di stampa, mi siedo comodamente nelle larghe poltrone d’attesa lottando ancora una volta con una sonnolenza che nonostante il forte caffè non mi abbandona, leggo distrattamente e ogni tanto sonnecchio…  Cristiano, cagliaritano, in Spagna da alcuni anni, perennemente alla ricerca del suo “nord” che nell’Isola non ha avuto gli apprezzamenti che sicuramente meritava, viaggiatore nella nuova europa “Shengen”, con le valigie sempre pronte per l’occorrenza, innamorato, questo si`, molto spesso corrisposto.        

Il giornale l’ho sfogliato con poco interesse, lo richiudo e lo aggiungo ai libri che testimoniano la mia vita da artista, l’alzataccia mattutina si vendica facendomi sbadigliare cotinuamente, decido così di fare altri due passi, cercando di distrarmi guardando le vetrine dei negozi duty free che poco a poco vanno aprendo, tante le proposte che tentano il viaggiatore ad un ultimo acquisto, sconti e offerte che chissà se avranno risposta, mi muovo senza però allontanarmi troppo dal’uscita E18…  Barbara, giovane insegnante arrivata dal centro della Sardegna, innamoratasi di un ufficiale dell’esercito spagnolo con cui mise sù la sua famiglia ma diventando troppo presto vedova, apprezzata e amata dai propri alunni nei tanti anni di lavoro e adesso circondata dall’affetto dei suoi piccoli  nipoti, con il desiderio però nel fondo di ritornare nel suo piccolo paese, in quel luogo che negli anni poco a poco và spopolandosi senza ricambi generazionali. 

Quante storie conoscerò nel corso dei venti anni e più da quando sono diventato “madrileno”, comete che appaiono e che vengono oscurate da nuovi e continui arrivi, un fiume che non riesce a prosciugarsi, con la solita domanda che rincorre i nuovi arrivati, siamo emigranti o viaggiatori erranti?  L’altoparlante anuncia che il volo Thai è pronto ad imbarcare, fuori il cielo lentamente inizia ad illuminarsi mentre mezzo addormentati ci mettiamo in coda per entrare nel gigante aereo.  Molti di noi forse con solo il biglietto di andata, per scelta o per necessità, desiderosi comunque di scoprire nuove terre per costruirsi e inventarsi il proprio futuro. 

Dedicato a Piero e Josefa, a Monica, a Cristiano, a Barbara, per aver preso in prestito un pezzo della storia della loro vita, e dedicato a tutti i conterranei che mai perdono la speranza in una vita migliore, in qualsiasi angolo di questo mondo.

Madrid A.D. 2019

miércoles, 23 de diciembre de 2015

Storie di sardi nel mondo: Remi, da Elmas a Quito


Ho appuntamento nel tranquillo e piovoso pomeriggio domenicale di Ottobre con Remi  (all’anagrafe Remigio Mandas, di Elmas) e con sua moglie Marleny Gonzalez, nel loro ristorante/pizzeria nel quartiere di San Bartolo, al sud della capitale ecuatoriana, Quito. .  Ho saputo casualmente durante un mio viaggio al sud dell’Ecuador, attraverso suoi amici, dell’esistenza in terra sud americana del conterraneo e, grazie ad un messaggio inviatogli attraverso le reti sociali, mi ha invitato ad incontrarci per presentarmi il suo nuovo  progetto.     Sceso dall’autobus che copre una delle linee nord/sud della capitale trovo facilmente il locale grazie al segnale classico che contraddistingue i prodotti “Made in Italy”, una  bandiera italiana dipinta su un grande pannello insieme alla scritta “Pizza Da Remi”.  E come non poteva essere differentemente lui e lei mi accolgono con grande affetto (come un incontro tra amici di un tempo).  Nel locale regna l’ordine e la pulizia, tavolini che sembrano fatti artigianalmente, la cucina, e il forno per le pizze realizzato dallo stesso Remi (in Ecuador non ha trovato il forno ideale…mi dirà) e, di fronte ad una tazza di caffè appena fatto (l’Ecuador è uno dei maggiori produttori di caffè nel mondo) mi racconta la sua lunga ed intensa vita.                                                                                                                                                      Spinto a “cambiare aria” all’età di 24 anni (la drammatica morte di suo fratello maggiore, provocata da un incidente sul lavoro fù talmente dura per lui che si isolò dal resto del mondo) Remi fu invitato in Olanda da un suo zio paterno che lavorava in un ristorante pizzería, per cui, prima nel paese di Wageningen poi in quello di Leiden, la necessità di sostenersi economicamente lo spinsero ad imparare l’arte della pizza.   In poco tempo e velocemente apprese questo duro ma creativo lavoro raccogliendo positivi consensi dai numerosi clienti che giornalmente affollavano il locale  (racconta che l’appetito e il piacere di mangiare degli olandesi arrivava a far uscire dal forno 800 pizze al giorno).   Ma la specialità per la quale aveva con fatica studiato in Sardegna era quella di costruttore navale, in qualità di meccanico saldatore, per cui, alla prima occasione trovò lavoro in un’importante fabbrica, insieme a tanti altri sardi che lì lavoravano.   E in quel paese del nord europa conobbe colei che è stata la madre degli adorati quattro splendidi figli che, oltre che a parlare l’olandese e l’inglese, appresero a capire il sardo e  l’italiano. Tanto era il lavoro che gli permetteva di godere di una vita tranquilla quanto il desiderio di ritornare in Sardegna per cui, un bel giorno, con tutta la familia decise che era arrivato il momento, per cui, caricata all’inverosimile la macchina, solcato il mare, ricominciò a lavorare e questa volta a Macchiareddu.    Ma il destino voleva per lui nuovi cambiamenti e dopo solamente un anno, le insistenze di sua moglie lo spinsero a rifare le valigie  e ritornare in Olanda.                                                                                                                                                                                                                        Facendo una pausa nel racconto Remi si alza per mostrarmi con orgoglio alcuni vassoi che ha preparato per me, degli autentici “culurgionis” lavorati da lui, con tutti gli ingredienti classici che dovrò “obligatoriamente” portarmi via…    E riempita di nuovo la tazza con l’ottimo caffè, scambiando un sorriso accativante alla sua dolce metà che condivide la sua nuova scommessa, Remi riprende a raccontare, sempre accompagnato da una particolare allegria ed energía come un giovane desideroso di mettersi per la prima volta in gioco nella vita.   Mi racconta quindi che nella casa in Olanda era lui che sperimentava e creava  nuovi piatti per la familia grazie anche all’eredità culinaria appresa in casa ad Elmas, e, come a volte succede, disaccordi e malentendimenti portarono poi un giorno alla separazione dalla sua compagna olandese.   Oramai sembrava che la sua vita fosse destinata a continuare nel paese dei tulipani, quando, grazie ad una chat, e grazie alle decine e decine di ore incollato al computer conobbe, a migliaia di chilometri di distanza, Marleny, ecuatoriana, impiegata nel più importante giornale della capitale.                                Ore e ore di chiacchierate cibernetiche (la lingua spagnola Remi l’ha appresa attraverso il continuo dialogo con Marleny e anche grazie alla consultazione di libri per capire per esprimersi e scrivere correttamente) crearono le basi per un incontro per conoscersi personalmente.   E tanto fù l’amore che decisero di vivere insieme, in Olanda, per altri cinque anni, continuando a costruire barche, fino al giorno che decisero che era venuto il momento di cambiare e di trasferirsi questa volta a casa di lei, nel paese latino americano.    E quale miglior lavoro per Remy se non quello di fare, di nuovo, il pizzaiolo!                                          Trasferitisi quindi a Quito, per Remi le difficoltà per montare il locale si trasformarono in nuove occasioni per apprendere, come per esempio, la necessità di trovare un forno adatto per le pizze lo portarono a fabbricarselo con le sue stesse mani, come del resto gli arredi tutti fatti su misura da lui.  Rapido fù il successo nel piccolo locale che decisero di allestirne uno nuovo, ed è proprio qui, che, dopo la piacevole chiacchierata, saluto Remi e Marleny dandoci appuntamento al prossimo anno, sicuro che al mio ritorno troverò nuove sorprese che mi meraviglieranno.


viernes, 1 de noviembre de 2013

Tunisi (Terza parte)


                                                                  Edifici inclinati... 
 Abbandonata (nel 698) la capitale Cartagine (considerata, prima della sconfitta...inespugnabile), dopo che i romani la rasero al suolo... (“Carthago delenda est”), i superstiti decisero di costruire un’altra città, un pò più all’interno, e sempre sopra una collina, creando quindi quella che oggi è, la Medina (il cuore storico di Tunisi).                                         E non poteva quindi mancare un porto, per i traffici marittimi, per cui la città, come normalmente accade, si estense dalla Medina, verso il mare (su terreni pianeggianti, e un tempo, paludosi).  E, molti secoli fà, le costruzioni delle case erano basse, senza problemi di fondamenta...   Con l’arrivo poi, dei “piani alti”, le cose cambiarono.  Il terreno, debole, non sempre fù tenuto in considerazione, per cui, poco a poco, nel tempo, alcuni edifici incominciarono ad avere leggere inclinazioni.  Oggi, la capitale, vanta questo “curioso” spettacolo, di scarsa sapienza costruttiva.  Se fate una passeggiata per il centro di Tunisi, vi accorgerete che, parecchi sono gli edifici inclinati, di diverse epoche, alcuni anche abbastanza recenti, che, magari, cercano un improbabile compratore...   Alcuni definitivamente disoccupati, altri, miracolosamente abitati...   E`un curioso gioco quello di andare in giro per osservare i possibili edifici “inclinati” (e magari fotografarli), ma ne vale la pena...   
                                                                    Spazzatura
La spazzatura nelle strade della città (ma anche altrove è uguale) è talmente tanta, abbandonata qui e là, nei vari angoli, e non, della città, che i tunisini hanno accettato tale disfunzione, al punto che (forse) nemeno ci fanno più caso...  Per le strade, pochi i cestini urbani (ne avrò visti, sparsi per il centro della città, da contarsi sulle dita di una mano, forse perchè hanno paura che li rubino...). Nemmeno all’interno dello stesso aereoporto della capitale, li cerchi ma non li trovi...  Ogni tanto ti imbatti sugli altrettanto pochi cassonetti di raccolta della spazzatura (sempre, strapieni... in attesa di un ipotetico camion che li svuoti...).   Per le strade, se cè vento, puoi vedere volare sacchetti di plastica, cartacce..., in uno strano gioco danzante...   Il commerciante, per esempio, pulisce si, la parte che gli interessa, di fronte al proprio negozio, ma poi non la raccoglie.  Lascia il monticello di spazzatura al vicino che, senza problemi, pulirà la sua parte di fronte al proprio negozio, lasciando il tutto ad aumentare il monticello del vicino...    Il bello è che, non sò poi che fine farà il tutto..., forse si spargerà per la città (ed è per questo che poi si vedono liberi per aria?...).  Insomma, sembra che la spazzatura, si volatilizzi grazie al vento (e qui cè nè tanto...).   Pochi gli spazzini visti al lavoro per le strade, in brevi tratti di strada...   Il resto, uguale come sempre, oltretutto, la gente butta, dove si trova, quello che vuole buttare, e cosi và avanti (dicono che prima della “Rivoluzione” del 2011, la città fosse più pulita...).
Trasporti a Tunisi (e nel resto del paese).
La capitale ha sei linee chiamate “Metropolitana leggera”(di superficie), e quella della GTM che collega  Cartagine.   Le linee si incrociano nel nodo di scambio, di fronte alla stazione dei treni, ed esattamente nella Piazza Barcelona.  Sui mezzi pubblici si può viaggiare a un prezzo che varia a seconda di dove si voglia andare (massimo mezzo dinaro).  La rete metropolitana è il mezzo più rapido per spostarsi, i treni, lunghi e robusti (credo di fabbricazione ungherese), si fanno strada rapidamente seguendo i percorsi accanto al traffico privato, super intenso e sempre bloccato...  Tutti gli automobilisti ed i pedoni sanno dell’esistenza dei mezzi elettrici per cui, quando passa il treno, suona magari il campanello... e se non lo senti...                              Però miracolosamente, tutto và come sempre...   

 Se ci si vuole spostare in treno, la rete ferroviaria del paese è estesa e ben funzionante, generalmente viene servita da treni a nafta per compiere i lunghi percorsi, con poche carrozze per ogni treno (ci sono mezzi nuovi e vecchi, questi ultimi ridotti veramente male..., la manutenzione...).    A volte capita di partire con 15 minuti di anticipo sull’orario previsto e magari di arrivare una mezz’ora prima...    I biglietti sono economici, per una distanza di 200 Km si può pagare 10 Dinari (5 Euro), e, per due Dinari in più  si può scegliare la 1 classe!     Tunisi e la costa del Sahel hanno ognuno una linea  elettrificata (coperta da treni nuovi della Hunday, ed anche vecchi mezzi ungheresi..., anche questi, sempre carenti di manutenzione...), il servizio in generale è buono e comodo, praticamente due metropolitane, coast to coast....

Salam...negoziante che non togli la spazzatura...salamelek...











sábado, 26 de octubre de 2013

Tunisi (Parte Seconda)

                                                              
Sidi Bou Said
Cartagine ha varie stazioni nella linea del metro, e tra queste, ”Carthage Presidence”, cioè, il luogo dove ha sede il palazzo del presidente della Repubblica tunisina, ed il treno della GTM finisce, attualmente, giusto in questa stazione (uguale e decadente come le altre della linea metropolitana).  Fuori, ci aspetta un altrettanto decrepito bus giallo, per coprire il percorso rimasto, fino a Sidi Bou Said (linea interrotta per lavori di ammodernamento...).                                Il dolce e turistico paesetto, famoso per essere stato luogo d’incontro dei poeti francesi nell’800’,  è sicuramente una tappa turistica da non perdere.  Il bianco e l’azzurro, si ripropongono costantemente nel paese, che sono come un simbolo della Tunisia, il bianco, per difendersi dal forte sole africano, e, forse, l’azzurro, come legame al mare, che nei secoli ha rappresentato lo sviluppo dei commerci, il potere, le guerre...   Le case, curate in maniera civettuola e semplice, tutte bianche, e tutte con gli infissi rigorosamente dipinti di bleu.  Strade e stradette che danno vita ad altri deliziosi scorci e ad altri segreti..., e che fluiscono sulla breve strada principale, che, si snoda, presentando tanti negozietti di souvenirs, e che finisce in una serie di terrazze che fanno godere della splendida vista del golfo di Tunisi.   Nugoli di turisti  sciamano attratti dai venditori appostati  per vendere il tutto e il di più, comprese le foto con il falco (vivo), che, per qualche Dinaro, te lo affittano, giusto il tempo per fare la foto di rito (non sia mai che poi si incavoli...), e che poi ritorna, annoiato, sulle mani del proprio padrone.   Fatte le dovute fotografie di routine, mi accingo a riprendere il bus giallo per andare alla seconda visita programmata, non prima di avere consumato un’abbondante spremuta d’arancia in uno dei tanti chioschetti fuori dell’area turistica... (2 Dinari, ovvero, 1 Euro).
Carthage
  La fermata per visitare le rovine (non è segnalata per niente...), é quella di Carthage Hannibal (scendendo a Carthage Dermech, la strada fà un percoso più lungo...).   Scendendo ad Hannibal, ci si trova di fronte ad una strada larga, la si percorre (è in salita)  e, alla sesta stradina a sinistra (di fronte ad un edificio che sembra una scuola) ci si inoltra con fiducia seguendo la stradina, fino a quando non ci si imbatte in un hotel, e lì finisce la strada!   A questo punto, alla vostra destra avrete il muro di recinzione del recinto archeologico, un cancello (chiuso) vi permetterà di vedere già alcuni resti di Cartagine  (il mio consiglio? fotografateli, perchè poi all’interno dell’area archeologica, quella zona non potrà essere raggiunta).   Dopodichè, seguendo il muro, alla vostra destra, vedrete quasi nascosta, una stradina, percorretela seguendo sempre il muro..., fino ad arrivare ad un terrapieno con una bella vista del golfo...   E, sempre seguendo il muro, arriverete all’ex cattedrale e, finalmente...all’ingresso dell’area storica di Cartagine!                                                                         Sorta sulla collina di Byrsa, di quella che fù la capitale di una grande potenza, oggi ne restano poche tracce, parti puniche, romane, si condividono lo spazio, e tutte poveramente presenti, insieme ad un museo altrettanto triste e povero di informazioni.   Cè poco da vedere infatti, ma il fatto di camminare su un luogo tanto importante, fa sí che la delusione si dimentichi presto, immaginando l’antica civiltà.  Affacciandosi in direzione di Tunisi, in lontananza si vede (o forse si immagina) l’antico porto punico (rotondo un tempo, e con con tante costruzioni per il rimessaggio delle navi), straordinaria opera portuale che, oggi, è solamente un ricordo, mezzo malandato, cinto da un anello verde con ville e villette...   Bene, ripresa la strada di ritorno, nella stazioncina, una casettina, dove il bigliettaio, nascosto da una bassa ed inutile grata (vecchia, sporca...), mi porge il biglietto (25 cent. Di Euro) e, gentilmente, mi richiama per darmi il resto che mi stavo dimenticando di ritirare....   Ritornato a Tunisi, già mi sento del posto, uscito dalla stazione, brulicante di vita, nella strada, a pochi metri, tra le tante proposte culinarie, decido di fermarmi a consumare un pollo con patate fritte, accompagnato da un bicchiere di limonata (il tutto sui 6 Dinari, 3 Euro), recuperando una forchetta e un tovagliolo, accessori inusuali per il pubblico che frequenta il locale...(i più, per usanza, usano solo le mani per mangiare).     
La Medina
 Cuore della vita antica, e centro commerciale e turistico della capitale, la Medina è il classico agglomerato di strade e stradine che si perdono in un’infinità continua di negozi di abbigliamento, gioiellerie, caffetterie, arredamento, stoffe, caffetterie..., che danno, dalle 9 alle 18 della sera, un colore ed un calore assolutamente da non perdere.   Svegliatomi all’alba, come sempre, e fatta un’altra, triste, colazione in hotel, mi sono messo subito a fare il turista, dirigendomi verso la Porta Bab Bhar, nella place de la Victoire.    Direttomi verso la Rue Jamaa Zitouna, ho incontrato vari tizi che affiggevano manifestini sulle saracienesche dei negozi che, stranamente, erano ancora chiusi.   Gentilmente, in un francese, italianizzato, mi spiegarono che avevano deciso una manifestazione di protesta perchè, le compagnie di crociera, convogliano i propri turisti, nei negozi con cui hanno poi percentueli sulle vendite.  Ed i commercianti quella mattina erano decisissimi a farsi sentire... mantenendo tutti i negozi della strada, chiusi..., mentre, dall’altra parte (me ne sono accorto dopo), i negozi della Rue Kasbah...erano tutti aperti e ben felici di raddoppiare l’incasso della giornata!..., la..., solidarietá....   Bene, la Medina, come dicevo, è un quartiere che non si può, non visitare, e, l’occasione che mi è stata offerta dai negozi chiusi, mi ha offerto una Medina inedita, tutta speciale...   E, alla fine delle stradette, la grande piazza della Kasbah, con moschee (in restauro), il palazzo del Governo tunisino, ed altri Palazzi di governo (tutti circondati, rigorosamente, dal filo spinato...la Rivoluzione del 2011 non è ancora finita...).


Salam..., dolce Sidi..., Salamelek..., vecchia Cartagine...























sábado, 19 de octubre de 2013

Tunisia, Tunisi

Sono qui, nella stazioncina di Sidi Messaoud (...è una fermata della linea metropolitana, elettrificata, che collega il litorale del Sahel, nella costa ovest della Tunisia...), ed ho appena salutato il carissimo amico Claudio che, insieme a Tatiana, sua sorella (i due, romani... de’ Roma) mi hanno ospitato nella casa delle vacanze che hanno in affitto a, Mahdia, antica, solare e mediterranea cittadina, a 200 Km da Tunisi...  L’attesa del treno per Monastir si fá meno pesante grazie alla generosa pensilina che accoglie i clienti, in effetti non fà nemmeno tanto caldo, e, poco a poco, mano a mano che si avvicina l’ora dell’arrivo del mezzo, sempre più gente si unisce, ed io, con la memoria, ritorno indietro, quasi a una settimana e mezzo prima, giusto al giorno del mio arrivo nella capitale, Tunisi, dove ho incominciato il viaggio alla scoperta di questo Paese...                                                                                                                                                        
Tunisi

L’aereo della Tunisair, la Compagnia aerea che collega tante cittá europee alla capitale, Tunisi, dopo un tranquillo volo di meno di 2 ore, plana nella notturna città del paese arabo.  L’equipaggio, due uomini e due donne (giusto la seconda, forse per equilibrare uno “scompenso” di grasso dei tre colleghi..., è assolutamentee in linea perfetta, oltre a mostrare con sicurezza una naturale e generosa bellezza...), ci saluta distrattamente mentre abbandoniamo l’aereo parcheggiato.   Mi faccio coraggio pensando alle istruzioni ricevute dai miei amici, una volta uscito dall’area raccolta bagagli, ritirare dal bancomat i Dinari (la moneta locale), e comprare una scheda telefonica della Compagnia “Tunisiana”, e, tutto felice, prendere un taxi per farmi portare all’hotel (prenotato su booking.com).   Ma, come al solito, non sempre le cose sono come le vorremmo...  Il primo “bancomat” non funzionava e, il secondo non mi voleva ascoltare..., per cui, l’unico era cambiare gli Euro portati da casa.   Guardandomi attorno, pochi gli sportelli di cambio valuta aperti, e per ognuno, lunghe file di gente assonnata e annoiata, per cui, fatta la scelta, mi metto in una fila, e, 10 minuti dopo, il cassiere di servizio ci annuncia che chiude senza tanti complimenti per cui, cambio di fila, e nuova coda...   Finchè, disperato, provo ad un bancomat mezzo nascosto e...bingo! funziona!   Per cui, ritirati 200 Dinari (meno di 100 Euro),e comprata facilmente la scheda con un numero della compagnia telefonica tunisina (questo è stato facile...), vado al parcheggio dei taxi....  Le abitudini...   Si suppone che, il primo dei taxi in fila sia quello autorizzato... qui non è cosi`, dopo avere iniziato la contrattazione sul prezzo (dimenticavo di dire, se ti sparano 30...fai la controproposta...), e mentre agevolmente il tizio tira fuori dall’auto il cartello “TAXI... da collocare sul tetto dell’auto gialla, un altro individuo ed un altro ancora... si presentano a urla (almeno a me sembrava...), tra di loro, quasi delle scenate di gelosia tra innamorati delusi...   Ed io, per tagliar corto, e, non conoscendo la lingua araba..., mi affido a quello che offriva meno (per 15 Dinari, detto in lingua francese/italiana).   Arrivati all’hotel nell’Avenue Habib Bourguiba (il primo presidente della repubblica tunisina, quando la Francia finalmente diede l’indipendenza nel 1956), e, dopo avergli lasciato quasi tutto il resto (...non aveva il cambio...), mi infilo finalmente al sicuro, nell’hotel Carlton (di vecchie memorie...tutt’ora in fase di ammodernamento) per 43 Euro a notte, colazione inclusa.  E, per chiudere in bellezza, breve passeggiata, poi, nei dintorni, con il giusto premio di un gigantesco e gustoso gelato!! 
La Tunisia mantiene tutto l’anno la stesso orario (non esiste insomma, il cambio come da noi, inverno/estate), per cui, alle 5 già splende un caldo sole invitandoti a vivere!!!  E, senza tanti complimenti, dopo una triste colazione (le petit dejeneur...dell’hotel Carlton...), decido di conoscere la mitica Cartagine (cioè, i resti...) e Sidi Bou Said!   Armato quindi di macchina fotografica e di cellulare,  dribblando l’intenso traffico (non fatevi illusioni, è una giungla,  vige la legge del più forte...nemmeno le striscie pedonali servono, sempre che le trovi...) mi dirigo alla stazione della linea TGM.  E`questa una metropolitana che collega la capitale a “La Marsa”, passando per una stretta striscia di terra tra i laghi di Tunisi (acqua salata e poco profonda), con fermate storiche, come il vecchio aereoporto, di antica memoria, oramai diventato un altrettanto vecchio e polveroso sobborgo della capitale.  I treni che coprono il servizio sono vecchi e decrepiti, ma funzionano..., ogni 15 minuti ne passa uno, e alla mancanza di comfort, dei consunti ventilatori appesi al soffitto, cercano di alleviare almeno  il caldo, ai passeggeri che affollano le carrozze.   E`comunque un piacere condividere gli spazi, sentirmi uno qualsiasi e non un turista (si fà per dire...lo sono...non capisco quello che dicono...), osservare e annotare gli usi e costumi della gente di qui.   Una coppia di giovani, seduti di fronte a me, discutono di chissà cosa (io mi immagino i dialoghi...alla fine la vita è uguale dappertutto...amori, dissensi, tradimenti, cosa hai fatto oggi, che facciamo stasera...).   Lei, in un completo sui toni arancione, con fazzoletto che le copre i capelli e le forma come il viso ovale, serio e deciso, si capisce che è schietta, controllatrice, fiduciosa...sospettosa...insomma, conosce il suo ragazzo...                                                               E lui, magro, belloccio (ricorda uno dei personaggi dei film del dopoguerra...), denunciante una voglia di vivere la sua propria vita...(anche fuori del rapporto con lei...), ma al tempo stesso, conciliante e sottomesso, ogni tanto... (il minimo indispensabile per non creare sospetti...), insomma, una bella coppietta, classica, come tante nel mondo.   Fuori dai finestrini (consunti, sporchi, come tutto l’interno della carrozza), scorre il paesaggio che presenta continuamente quello che poi si vedrà per tutto il mio viaggio in questa terra tunisina, sia nella campagna che nelle citta e i paesi... buste, sacchetti, cartacce, piccole e grandi... bottiglie di plastica di tutte le dimensioni, un paesaggio desolante che sembra accettato e fatto proprio da tutti gli abitanti di questo paese, convivere con l’immondezza!...                                                                                                                                                      
Salam...coppietta tunisina...salamelek...monnezza che vola e vá...










viernes, 11 de octubre de 2013

GIBILTERRA


Da vari secoli, continua, la disputa tra la Corona spagnola e la Corona britannica, su un piccolo pezzo di terra (che più che altro non è che un, enorme, pezzo di roccia...), tema del contenzioso: La colonia chiamata, Gibilterra!         
     
A bordo della mia piccola Seicento percorro i quasi 100 chilometri, dalla citta di Torremolinos (città costruita agli albori della rivoluzione “palazzinara” che travolse le coste spagnole..., negli anni 60’), a Gibilterra.   Ê la seconda volta in poco tempo che vado a visitare questo minuscolo “paradiso fiscale” e turistico, accompagnando un amico desideroso di conoscere il mitico “Pennone” .   Ho accettato volentieri a fargli da guida, per il piacere di ritrovare quel piccolo angolo inglese giusto a sud della Spagna..., da cui prende il nome lo stesso stretto (di Gibilterra, appunto!), di fronte alle coste del Marocco.    Percorrendo l’autostrada A 7 (più che altro è una strada locale a 4 corsie, trafficatissima, che collega le città della costa occidentale spagnola), è un continuo entrare ed uscire dai  centri urbani, un lungo serpentone di costruzioni, di tutti i tipi e disegni, con il verde degli alberi, che interrompe ogni tanto la monotonia del cemento (tutte queste urbanizzazioni sono in generale bene organizzate, per l’accoglienza del turista, per dare e per ricevere..., non solamente nei mesi estivi, questa è la Spagna!).    Arrivati nella città di, La Linea de la Concepcion, confinante con la britannica Gibilterra (in poche parole, La Linea è un “paletto”, fatto costruire e sviluppare in direzione della colonia inglese, dal dittatore Franco, per bloccare il desiderio espansionistico gibiltaregno..., oggi mi prendo un pezzo di terra, domani un altro...).   Però, al di là del “paletto”, se uno ci ragiona sù, capisce che alla fine dei conti, una città (La linea) e l’altra (Gibilterra) possono convivere pacificamente, perchè (anche se i detrattori spagnoli sono tanti..., accecati dal grido di: “Gibilterra spagnola!”) la convivenza economica serve a tutti quanti, generando turismo tutto l’anno.   Ed è altrettanto curioso, confrontando le mappe antiche, a quelle di oggi, come gli spagnoli, si siano fatti mangiare pezzi interi di terreno, senza che nessuno se ne accorgesse.  Fatto ecclatante, l’antica, “terra di nessuno” di un tempo, che è diventata a tutti gli effetti l’aereoporto di Gibilterra!!   Con una bella aereostazione (piu`in zona spagnola che inglese...), e la pista d’atterraggio, che taglia il passaggio della strada che conduce alla colonia, con tanto di striscie pedonali e semafori, per fermare il flusso del traffico, quando un aereo atterra, o decolla!   E noi, lasciata l’auto in un parcheggio a pagamento (Euro 10 per 7 ore di sosta), nell’area spagnola..., ci mettiamo in coda, documento alla mano, per entrare finalmente nella mini, Great Britain.   E`curioso osservare come la circolazione delle auto è con viabilità a destra (non a sinistra, come nella maggior parte dei paesi anglosassoni), sicuramente perchè è talmente piccola la colonia, che non è valsa la pena cambiare il senso di marcia (o, magari, per evitare incidenti di traffico: venivo dalla Spagna, no, io venivo da Gilterra, ma ne sei sicuro..., ecc...).  Abbiamo deciso di prendere il bus urbano che ci porterà al centro (è un modo di dire, a poche centinaia di metri dalla pista dell’aereoporto, già è centro città...).  Infatti, in pochi minuti siamo arrivati a Corral Road, capolinea del bus. Di fronte a noi, nuovi ed eleganti (e cari) edifici, dichiarano l’avanzamento sul mare di Gibilterra (non per un fatto naturale...hanno semplicemente riempito di terra e sassi, centinaia e centinaia di metri quadrati, in quello che un tempo era mare).   La nuova urbanizzazione di fatto ha cancellato il vecchio porto, che era di fronte all’antica fortezza.  Bene, nel piccolo piazzale dove si ferma il bus, una porta d’entrata alla cittadella, ci permette di entrare ritrovandoci subito in una piazza (Casemates Square, lo dice la parola, era una fortezza militare...), che oggi è una specie di Centro commerciale all’aria aperta, ristoranti di fast food colorano quella che un tempo era una piazza austera, abitata da militari.   Continuamo la passeggiata turistica inoltrandoci sulla Main Street, cioè, sulla strada principale.  Negozi di, cambio moneta, vendita di tabacco, gioiellerie, vendita di tabacco, liquori, vendita di tabacco, ristorantini, vendita di tabacco, bar..., ci accolgono dandoci il difficile compito di individuare gli angoli e le architetture della vecchia città, invasa dal compra e vattene (perchè qui, è tutto caro!, che fai, ci lasci lo stipendio?).  Da vedere, il palazzotto del Governo (coperto, perchè in restauro), e alcune chiese, che lottano, per ricordare al turista, che questa piccola città ha un passato.   Arriviamo in poco tempo alla fine della Main Street (sarà 1.500 metri, più o meno, dall’inizio alla fine), e un delizioso giardinetto ci invita ad una sosta (gratis!), e da li, ripresa la passeggiata, arriviamo alla costruzione da cui parte la funivia che porta al “pennone”, alla cima del monte (426 metri s.l.d.mare).   Tappa obbligatoria, ma senz’altro piacevole e spettacolare, la visita del cucuzzolo, con l’immancabile compagnia dei macachi (si dice che, Gibilterra sarà inglese fintanto che viva lì, la colonia di macachi).  Importante (e te lo ripetono anche dentro la cabina che ti porta in alto), mai avere con tè buste con roba da mangiare, e, se le hai, lasciale da parte perchè i cari animali, possono diventare violenti per rubartele..., e, non scherzano...per cui, occhio e tranquillità!).  Dall’alto del monte è un piacere dare un’occhiata qui e là, da una parte si può vedere la costa del Marocco e la città spagnola di Ceuta, dall’altra parte, a un tiro di schioppo, la città di Algeciras, all’altro lato del golfo.  Da osservare, i resti dell’antico sistema che si usava per raccogliere le acque, nel lato orientale, in quella che è la parte meno turistica della colonia (adesso usano l’acqua del mare per i servizi igienici, e un dissalatore per il resto).   Salutati i macachi, presi dal lavoro di spulciarsi, uno all’altro, e ripresa la funivia (se si vuole, si può salire o scendere a piedi, gratis...), ritorniamo sulla Main Street, per acquistare una stecca di... sigarette! (esenti da IVA).  Seguendo il flusso dei turisti, abbandoniamo la Colonia (qui, tutti sanno parlare lo spagnolo...anzi, accento, andaluso..., holè!), e questa volta, a piedi (una bella passeggiata), attraversando la pista dell’aereoporto (divertente, ma dove ti permettono di farlo, sennò?) ritorniamo alla Linea (la maggior parte degli impiegati che lavorano qui, e lo stesso governatore di Gibilterra, hanno casa in Spagna...), ed io, rivolgendo un’ultimo sguardo al “pennone”che, ancora oggi, è capace di risvegliare asti antichi (giusto per poco tempo...), e, tutto per che cosa? Per un “grosso, enorme, pezzo di roccia”!
By By 
Gibraltar, 
Hasta luego Gibraltar!                                                                                                                                                   PS In aereo puoi arrivare a Gibilterra solamente dalla Gran Bretagna, o da altri paesi, ma, mai dalla Spagna...